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In occasione della prima nazionale di “The Violin player”, film indiano recentemente programmato al festival Seeyousound 2017 di Torino, il regista Bauddhayan Mukherji ha raccontato la genesi del suo piccolo gioiello. “Il film -spiega- fa parte di una corrente autoriale che occupa circa il 10% delle produzioni di Bollywood. Tra le pieghe della prima industria cinematografica del mondo infatti si sta facendo largo una piccola percentuale di produzioni indipendenti  che, soprattutto ragionando in numeri assoluti, rappresentano per noi registi una potenzialità di tutto rispetto. E sebbene si trattasse di un piccolo film, abbiamo avuto a disposizione un’intera piattaforma nella stazione di Mumbay e alcune delle riprese sono state eseguite in un treno concessoci per un’intera giornata.”

E proprio grazie alla forte partecipazione del sistema cinematografico indiano, un piccolo film di 72 minuti che racconta in maniera originale le vicende surreali di un musicista che ottiene il suo primo contratto da solista, è riuscito a uscire dai suoi confini, sbarcando addirittura sulla piattaforma Netflix, oltre che nei festival di mezzo mondo.

Le potenzialità del cinema d’autore indiano contemporaneo raccontate in quel di Torino sembrano essere confermate da “Newton“, film presentato alla Berlinale 2017 e premiato come miglior film della sezione “Forum”. Il film racconta di un uomo dai principi ferrei, al limite della nevrosi, che si ostina a gestire il seggio in una zona occupata da forze rivoluzionarie maoiste, mettendo in pericolo se stesso, la sua delegazione elettorale e un drappello di soldati a protezione del loro servizio. La storia ben presto si trasforma in una sorta di dark comedy in cui la testardaggine ideologica del protagonista (autosoprannominatosi Newton in quanto simbolo di scienza democratica, per via della gravità che unisce tutti gli elementi dell’universo in un’unica legge) si oppone al tipico pragmatismo dei militari. Il film non ha però implicazioni ideologiche, e diventa prezioso pretesto per una riflessione su quanto i diritti e le regole siano applicabili anche contro il buon senso.

“Newton”, se da una parte sostiene un’assoluta, monacale difesa di principi di civile convivenza, dall’altra sembra propendere più saggiamente per una gestione cauta e pratica delle leggi, e più in generale della democrazia. Se sporcarsi le mani può essere spesso fonte di corruzione, in molte circostanze la mediazione fra parti può essere l’unica via di governo possibile. Lo dimostra l’empatia verso il militare deputato alla sua difesa, apparentemente cinico e distaccato, ma anche disposto a sacrificarsi in nome dello Stato e di un indiscutibile senso del dovere.
Le situazioni e le ambientazioni “di confine” ricordano molto da vicino il film iraniano “Il voto è segreto” che nel 2001 raccontava di una strana coppia formata da una integerrima responsabile di un seggio elettorale, e da un giovane soldato, anch’egli un po’ stolido ma al servizio del sistema. Anche in quel caso la morale sembrava volgere alla stessa conclusione: i principi, sulla carta, sono una gran bella cosa, ma l’applicazione spesso sfugge alla teoria ed è allora che affidarsi ad un sano senso pratico può diventare la soluzione migliore per risolvere un conflitto.